In questa puntata ascolteremo una voce unica nel panorama Jazz, quella profonda, affascinante, aggressiva e arrabbiata di Nina Simone.

Nina Simone alla Symphony Hall di Boston nel 1969 (Foto Robert Houston / collezione NMAAHC)

Eunice Kathleen Waymon, che si imporrà sulla scena musicale jazz alla fine degli anni ’50 con lo pseudonimo Nina Simone, nasce nel 1933 a Tryon, nel North Carolina, in una famiglia di musicisti. È la sesta di otto fratelli e con alcuni di loro inizia a cantare fin da bambina in chiesa. Studia pianoforte e poi organo dall’età di quattro anni. Le notevoli doti che esprime già in tenera età le consentono di intraprendere gli studi musicali, che completa alla Julliard School di New York  grazie al supporto economico della comunità nera della sua città, che istituisce un fondo di assistenza a suo favore.

Dopo gli studi inizia ad insegnare pianoforte ed ad accompagnare al piano le lezioni di canto all’Arlene Smith Studio di Filadelfia. Nel 1954 comincia ad esibirsi come pianista in un jazz club di Atlantic City, dove dopo qualche tempo inizia anche a cantare. Comincia così la sua carriera di cantante, con il nome di Nina Simone (in omaggio all’attrice francese Simone Signoret, di cui era una grande ammiratrice),  rifacendosi, agli esordi, alle modalità interpretative di Billie Holiday. Nel 1959 esce il suo primo album Little Girl Blue, realizzato per la casa discografica Bethlehem Records. Il disco contiene 11 tracce, tra cui il brano di George Gershwin I Loves You, Porgy (dall’opera Porgy and Bess) e My Baby Just Cares for Me, uno standard scritto da Walter Donaldson per il film tratto dalla commedia musicale Whoopee! (1930).

Nel 1960 ottiene un grande successo commerciale con il singolo Ain’t Got No, I Got Life (che qui ascoltiamo in una versione dal vivo del 1968), che la fa conoscere e affermare anche in Europa. Partecipa a festival e concerti in tutto il mondo interpretando un repertorio di jazz, blues, folklore e musica pop. Dal 1963 cambia etichetta discografica e firma per Philips, con cui lavora alla registrazione di alcuni dei suoi brani più significativi come Old Jim Crow e Mississippi Goddam, che diventano veri e propri inni dei movimenti per i diritti civili e contro la segregazione raziale negli Stati Uniti.

La Simone dai primi anni ’60 è infatti impegnata nelle lotte per il riconoscimento dei diritti della popolazione afroamericana: prima al fianco di Martin Luther King nell’ambito del suo movimento non-violento, si schiera poi con Malcom X e il Black Power su posizioni più radicali e intransigenti. In questo periodo si convince di non aver potuto intraprendere, come avrebbe voluto, la carriera di pianista classica a causa delle preclusioni che il mondo della musica colta aveva per gli artisti di colore. Nel 1969 il suo singolo To Love Somebody ottiene un discreto successo internazionale ed entra nella classifica dei dischi più venduti nel Regno Unito.

[…] La sua voce di contralto dall’ampia tessitura e il timbro ricchissimo sono al servizio di potenti qualità espressive. Al pianoforte manifesta una tendenza al virtuosismo a volte eccessiva (da bambina, si voleva destinata a una carriera di concertista classica), tuttavia tratta il tema con una grande libertà melodica [v. Love Me Or Leave Me].[…] da Carles Philippe; Clergeat André; Comolli Jean-Louis, Dizionario del Jazz, Mondadori, Milano, 2008

Alla fine degli Anni Sessanta lascia gli Stati Uniti accusando le istituzioni di non voler risolvere i problemi riguardanti il razzismo e riconoscere i diritti della gente di colore. Per più di vent’anni vivrà in giro per il mondo stabilendosi per periodi più o meno brevi alle Barbados, in Liberia, in Egitto, in Turchia, nei Paesi Bassi e in Svizzera. La decisione di lasciare gli States e di allontanarsi quindi dal sistema produttivo musicale, la porterà ad incidere pochissimi dischi e dal 1974 abbandonerà per anni l’attività artistica a parte la registrazione nel ’78 dell’album Baltimore. Negli Anni Ottanta la sua versione di My Baby Just Cares For Me, viene utilizzata da Chanel per una pubblicità televisiva, facendola scoprire ad una nuova generazione che la consacra come icona della musica jazz. Vengono stampate nuove edizioni dei suoi dischi e si realizzano numerose antologie dedicate al suo lavoro. Sull’onda del successo e dell’attenzione che riceve in questo periodo

Nina all’Ed Sullivan Show nel 1960 (Foto Michael Ochs / Getty Images)

registra un nuovo album nel 1989 intitolato Nina’s Back (Touching And Caring) e in seguito Live & Kickin (Backlash Blues), registrato dal vivo a San Francisco qualche anno prima.

Muore per una grave malattia nel 2003, a 70 anni, nella sua casa di Carry-le-Rouet, sulla Costa Azzurra.

Per chi volesse ulteriormente approfondire, proponiamo, infine, questo filmato dal vivo Nina Simone live In England, realizzato durante un tour inglese nel 1968; 23 minuti di grande musica, in cui si esprimono appieno le grandi doti interpretative ed artistiche della Simone.

 

Foto di copertina: Nina Simone al Regency Hyatt Hotel di Atlanta durante una convention nel 1967 (Foto: Vernon Merritt III/The LIFE Images Collection)

Le altre signore del Jazz:
Bessie Smith
Billie Holiday
Ella Fitzgerald
Sarah Vaughan