Nella puntata di oggi parleremo della storia, a volte curiosa, di alcune tra le più popolari melodie natalizie. La caratteristica che le contraddistingue è quella di essere quasi tutte ispirate a canti della tradizione popolare, anche nei casi in cui sono opera di compositori illustri.
Tu scendi dalle stelle, è un canto natalizio di origini partenopee attribuibile al vescovo e santo Alfonso Maria de’ Liguori. La tradizione vuole che il brano sia stato composto a partire dal testo in napoletano Quanno nascette Ninno, scritto dallo stesso Liguori. Diversi studiosi ritengono tuttavia che questo testo in dialetto sia stato composto successivamente da un altro autore, ispiratosi proprio alla spiritualità del santo.
Pare in ogni caso che Alfonso Maria de’ Liguori nel dicembre 1754 fosse a Nola, ospite di un sacerdote del luogo, don Michele Zamparelli. Il santo, poche ore prima di una funzione natalizia, volle comporre un nuovo inno adatto all’occasione. Quando il santo scese in chiesa per celebrare, don Michele ne approfittò per copiare testo e musica contro il parere di Liguori, nascondendo in tasca i preziosi foglietti prima di raggiungerlo. Quando fu il momento di cantare la nuova melodia, Sant’Alfonso, che non ricordava le parole ma in qualche modo “sapeva” come rimediare, mandò un chierichetto a chiedere a don Zamparelli “quei fogli che stavano nel suo taschino”. Così, grazie alla disobbedienza di don Michele, Tu scendi dalle stelle (qui cantato da Luciano Pavarotti) ebbe la sua prima esecuzione pubblica e divenne il canto natalizio che ancora oggi accompagna le nostre festività e che fu dichiarato simbolo del Natale persino dallo scontrosissimo e anticlericale Giuseppe Verdi.
Come che siano andate le cose, di certo c’è solo che la musica fu sicuramente opera del santo, che si ispirò a un canto pastorale di origine popolare. Quanto al testo, nel corso degli anni è stato più volte riadattato e modificato, sia dallo stesso Liguori che dalla tradizione popolare.
Diversamente da Tu scendi dalle Stelle, Adeste Fideles, la cui prima versione risale più o meno alla stessa epoca, è un cantico natalizio la cui paternità rimane ignota. È stato di volta in volta attribuito a San Bonaventura (XIII sec.) a Händel e altri musicisti, ma dalle ricerche d’archivio emerge soltanto il nome del musicista Sir John Francis Wade, che avrebbe utilizzato negli anni ’40 del Settecento il modello melodico di un tema popolare inglese per un coro di Douai, città del nord della Francia che ospitava molti cattolici inglesi perseguitati. Qui potete ascoltare un’esecuzione italiana molto suggestiva.
Come abbiamo visto nella puntata precedente, in Inghilterra erano già fioriti almeno un migliaio di inni natalizi nell’età d’oro delle carols, tra il 1400 e il 1600. Le città avevano i loro Waites, cantori e musicisti pubblici che fungevano da banda municipale ed eseguivano anche carole natalizie, oppure i Wassailer, persone che andavano di casa in casa chiedendo cibo o regali in cambio di canzoni, da cui la tradizione anglosassone dei “carolers” (cantori di carole natalizie). Le loro melodie, sopravvissute nelle campagne; furono trascritte in epoca vittoriana, età d’oro dei canti natalizi, da molti studiosi tra cui Davies Gilbert e William Sandys, che recuperarono i canti tramandati ancora oralmente nelle aree rurali del nord e dell’ovest dell’Inghilterra, e li catalogarono in due volumi intitolati Some ancient Christmas carols (1822) e Christmas carols, ancient and modern (1833).
Fu grazie a questi studiosi e ai carolers di epoca vittoriana che oggi possiamo ascoltare We wish you a Merry Christmas, canto risalente al XVI secolo. Ciò che rende particolarmente divertente questo brano è il modo scherzoso e irriverente con cui i cantori minacciano il padrone di casa di non andare via finché non sarà portato loro un pezzo di “figgy pudding”, un budino di fichi tipico delle festività natalizie, in voga proprio nel periodo vittoriano. In questa versione dei King’s Singers è evidente il tono teatralmente scherzoso dei cantori che supplicano di avere un po’ di budino, altrimenti non se ne andranno. Verso la fine il ritmo accelera vertiginosamente proprio perché, forse, il padrone di casa ha trovato un buon modo per farli sloggiare.
L’Austria è invece la patria del famoso Stille Nacht (Astro del ciel, in italiano) che deve la sua nascita a un caso. Le parole furono scritte nel 1816 dal prete salisburghese Joseph Mohr, pensando a qualcosa che potesse dare conforto e speranza ad una popolazione prostrata dalle recenti guerre napoleoniche. Due anni dopo chiese a Franz Xaver Gruber, allora organista a Oberndorf, di comporre una musica adatta per chitarra, coro e due voci soliste, dunque senza organo perché – secondo la tradizione – quello della chiesa di San Nicola aveva il mantice rosicchiato dai topi e la riparazione sarebbe stata impossibile in tempi brevi. La vigilia di Natale del 1818 Mohr accompagnò il coro alla chitarra ed eseguì la parte del basso, mentre Gruber quella del tenore. Fu quella la prima esecuzione di uno dei canti natalizi più famosi e tradotti.
Il fiorire di canti natalizi in Germania è dovuto, come abbiamo visto nella puntata precedente, alla riforma della Chiesa voluta da Martin Lutero (1483-1546), che prevedeva tra l’altro l’abbandono del latino a favore della lingua tedesca e l’utilizzo del canto da parte dell’intera assemblea dei fedeli. Lutero stesso fu un discreto musicista; a lui è attribuita la composizione di tantissimi “corali”, spesso basati su melodie popolari; il suo Von Himmel hoch (Dall’alto dei cieli) è ormai parte della tradizione natalizia tedesca; la sua melodia è stata utilizzata anche da Johan Sebastian Bach nell’Oratorio di Natale (qui le cantate 1-3 nella magistrale direzione di Nokolaus Harnoncourt)
Un altro illustre compositore che mise in musica la Natività fu George Friederich Händel con il suo Messiah, il quale, sebbene contenga più riferimenti alla Pasqua che al Natale, secondo una tradizione di origine vittoriana che continua ancora oggi è in Gran Bretagna l’oratorio di Natale per eccellenza, soprattutto per il brano For Unto us a child is born (A noi un bimbo è nato)
Concludiamo questa lunga carrellata con Jingle Bells, un altro grande classico della tradizione natalizia, di origini squisitamente statunitensi. Fu composto infatti dal musicista americano James Pierpont, che secondo la tradizione scrisse le prime note della canzone nella Taverna Simpson a Medford in Massachusetts, ispirandosi alle popolari corse delle slitte (“The one-horse open sleigh”, citata nel testo) che si svolgevano nella città durante il XIX secolo; il tintinnio della canzone invece pare evocasse originariamente il ghiaccio dei bicchieri durante i brindisi. In origine composto per il giorno del ringraziamento, ebbe un successo tale da diventare un canto natalizio, anche se di genere un po’ particolare… Ascoltate la versione originale qui: non vi sembra di stare ascoltando il pianoforte di un saloon?
Con questo ultimo brano vi auguriamo un Buon Anno e soprattutto, qualsiasi sia la musica che preferite, un anno pieno di belle note!
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Le immagini dello spartito di Jingle Bells sono tratte da Blog della musica
L’immagine dei carolers è tratta da The Dickens Carolers